LILA, storie di Kendo

raccolta di contributi sulla disciplina del Kendo, promossa da Associazione KENZAN.

Alcuni quadri di Tonegato sono stati pubblicati nel libro: “LILA, storie di Kendo”, a cura di Associazione KENZAN, Editore 30 Holding srl, Varese, 2018.
Si tratta di una raccolta di testi sulla disciplina del Kendo, scritti da diversi praticanti di Kendo; ogni testo è accompagnato da opere di artisti italiani e giapponesi.

Kendo e amore.

Testo di Marco Tonegato
“Ciò che penso di aver capito del kendo è che si tratta di un atto d’amore. Verso gli altri, siano essi praticanti o non, verso i luoghi e le cose che ci circondano e in ultimo, ma non meno importante, un atto d’amore verso noi stessi.

Atto d’amore (rispetto) verso gli altri.
Spesso mi sento ancora un principiante nonostante io pratichi kendo da oltre 10 anni. Questa mia sensazione non scaturisce dal fatto di essere ancora un grado basso, ma dal fatto che pongo troppa attenzione al mio ego rispetto all’attenzione che invece dovrei mettere nella relazione con gli altri.
Il mio ego a volte mi impedisce di voler essere colpito durante i duelli di kendo; e se non ci si lascia colpire dall’avversario il nostro kendo non migliora.
Nella vita quotidiana, il mio ego talvolta mi impedisce di aprirmi agli altri, di aprire il mio cuore, di mettermi all’ascolto vero e non semplicemente all’ascolto con le orecchie.
Nella pratica del kendo se non ti metti all’ascolto del tuo avversario, se non “dialoghi” con lui, ma vuoi fare kendo da solo, allora il tuo avversario ti colpirà.
Non si può praticare kendo sempre allo stesso modo, ma occorre adattare il proprio kendo all’avversario del momento. Allo stesso modo nella vita quotidiana occorre capacità di adattamento alle diverse situazioni: per ogni ragazzo disabile del laboratorio di pittura, che ho avviato e che dirigo da diversi anni presso una Società cooperativa sociale, devo trovare differenti modalità di relazione a seconda delle loro differenti caratteristiche.

Atto d’amore (rispetto) verso i luoghi e le cose.
Aver cura del luogo in cui si pratica kendo, aiuta ad apprezzare i momenti in cui puliamo la nostra casa, oppure il nostro posto di lavoro; aiuta a capire che lo spazio pubblico è lo spazio di tutti e non lo spazio di nessuno; così come prendersi cura delle proprie armi e della propria armatura aiuta a capire che prendersi cura della nostra automobile significa partire per un viaggio in condizioni di sicurezza; oppure se si deve segare un ramo di un albero cresciuto troppo, chiedergli almeno scusa e ringraziarlo per l’ombra che ci ha fatto nelle calde giornate.

Atto d’amore (rispetto) verso noi stessi.
Penso di aver capito che il kendo sia uno strumento per vivere meglio il presente. È lo strumento che ci insegna a vivere con più consapevolezza il presente.
Viviamo aspettando la morte. Viviamo fra i ricordi di ieri e i progetti per il domani. Ma non ci sarà sempre il “domani”.
Cogliere il presente non è facile. Facendo un discorso per limiti, cioè riducendo sempre più l’unità di misura considerata “il presente”, un minuto fa è già “il passato” e il prossimo minuto è ancora adesso “il futuro”. Cosa c’è fra i due momenti del prima e del dopo? C’è il presente ridotto all’istante, l’adesso. Ma l’adesso non si può pensare/cogliere. Tutto è, tutto avviene, o “prima” o “dopo” il nostro pensiero sull’adesso.
Il kendo, con la sua velocità di esecuzione del colpo, non permette di pensare a quale tecnica o controtecnica dovrò eseguire per colpire l’avversario.
Per cui credo che il kendo insegni anche questo, a non rimandare le cose da fare adesso, perchè potrebbe non esserci un “dopo”.

La vita in un respiro.
L’amore in un sorriso.
Il quadro in una pennellata.”

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